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Pratica sportiva e cura di sé - Matteo Giuffrida

Può lo sport essere considerato una pratica filosofica? Si, quando è praticato con l'impegno, la dedizione e il sacrificio che richiede l'attività agonistica. Quando diventa una scelta esistenziale, una precisa opzione di vita, diventa una forma di cura di sé, non nel senso di attenzione per il corpo, preoccupazione per il proprio aspetto o i muscoli, ma nel senso filosofico di percorso per la conoscenza di sé. Conoscenza dei propri punti di forza o debolezza, che ci permette di trovare la via per il nostro miglioramento continuo.

Nella prima parte di questo saggio, l'autore, filosofo, allenatore e prima atleta di canottaggio, prende in esame il rapporto tra corpo e mente nel pensiero filosofico e poi nella esperienza sportiva.

Nella seconda parte si analizza il valore di questa esperienza, dove si allena il corpo insieme alla mente in quanto inscindibilmente connessa al corpo: una via per la ricerca continua del vero sé, quel sé in cui non c'è distinzione tra corpo e mente.

Nela terza ed ultima parte, l'attività sportiva si dimostra percorso di conoscenza, in particolare di conoscenza e familiarità con il limite: la fuorviante espressione "andare oltre il limite" diventa invece saggiamente spostare sempre avanti il limite, ma conoscendolo e rispettandolo. In questo modo, la pratica sportiva si trasforma in uno stile di vita dove si rinforza, allenandola, la nostra capacità di stare al mondo. L'esposizione continua, che abbiamo nell'allenamento e nelle gare, alla sofferenza, è rivista come uno strumento per affrontare la vita: chi di noi, allenatori e atleti, sarebbe la persona che è, che ha raggiunto successi e superato sconfitte e dolori, se non avesse praticato il suo sport in questo modo?

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